sabato 2 giugno 2007

tony binarelli vs. ambrogio fogar.

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venerdì 1 giugno 2007

centurione.

un racconto di Leo
Flavio, nato e cresciuto a Testaccio, a ridosso di quel campo di pozzolana che vide nascere l’A.S. Roma, non poteva che avere uno e un solo grande amore.

A dieci anni il padre Cesare lo aveva portato all’Olimpico per la prima volta.

L’emozione provata quel giorno Flavio la ricorda, la ricorda come la più grande mai provata. La mitica Curva Sud, i fumogeni, i bandieroni, tutta quella gente, ma soprattutto Cesare.

Cesare non era il vero padre di Flavio, ché il padre non lo aveva mai conosciuto, ma alla fine che importava? Gli voleva bene e soprattutto gli aveva donato la cosa più bella di tutte, la più importante tra le più frivole: il calcio, la ROMA.

Gli anni passarono velocemente e Flavio cresceva tra scuola, campi di calcio e stadio.

A 15 anni la prima trasferta da solo, Firenze. Poi una carriera da ultrà di tutto rispetto, nel frattempo il diploma di geometra e l’abbandono degli studi, ma nel suo cuore sempre e solo un amore e una passione, la Roma, sempre la ROMA!

E poi arrivarono i tempi delle risse, delle cariche della celere, degli scontri fuori e dentro lo stadio.

Arrivò anche il primo arresto per tafferugli e la prima diffida. Un anno.

Al suo ritorno in curva, il sogno che si avvera: si era meritato un soprannome e tutti ormai lo conoscevano. Uno striscione tutto per lui recitava: BENTORNATO CENTURIÒ!!! Era firmato C.U.C.S.!

Cesare non ci andava più allo stadio, già da qualche anno, e Flavio aveva ereditato il suo posto nel cuore della curva, spalle al campo, viso verso la sua gente e megafono in mano!

La Curva Sud, L’A.S. Roma… la sua vita…

…lo stiamo perdendo, presto portatelo via …!
Le voci intorno a lui sempre più ovattate, il freddo, il buio.
La lama è entrata troppo in profondità e ha reciso l’arteria femorale… questo qui non ci arriva vivo…

L’ultima rissa. Non si può morire a 26 anni per una partita di calcio! No, non si può… o meglio... non si dovrebbe…

CIAO CENTURIÒ!!!

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la stagione delle nebbie: cinque.

Ci sono le giornate giuste, quelle che cominciano con te che mandi affanculo il capo, ti becchi la liquidazione e la sera te ne vai col bulgaro alla Palma a sentire Dawn Penn e a spaccarti di erba.
Poi ci sono le giornate di merda, quelle che mandi affanculo il capo, prendi la liquidazione, vai alla Palma col bulgaro. Poi scopri che il tizio del bulgaro gli ha dato buca e che non avete neanche uno spino di marocco. Quelle che Dawn Penn è talmente rovinata dal jet lag che sale sul palco che è quasi l’una, fa due pezzi e se ne va, lasciando il posto ad un testa di cazzo giamaicano che nessuno si è mai inculato e che si mette pure a prendere per il culo la gente canticchiando: Come on italians! Everybody now: Ma-fia, ma-fia!!

Ma vaffanculo, negro del cazzo!! Lucio aveva sopportato abbastanza per quella sera.

Un tale del Reggae Project, con la faccia da centro sociale gli si avvicinò.
A stronzo! A chi è che hai detto negro del cazzo? Eh?
A te, merda,
fu la sua replica gelida. Subito il bulgaro si intromise.
Lucio! Lascia perdere. Andiamo via.
Lascia perdere un cazzo. Stammi a sentire, curre curre guagliò, ho cacciato dieci euri per venirmi a sentire Dawn Penn. Sta sfondata di stanchezza? Va bene, ci passo sopra. Ma questo testa di cazzo che a me, a me, mi viene a fare mafia mafia… te lo ficchi in culo! Hai capito!
Senti, fratello, Brother Jonas viene dal sottoproletariato di Kingston e…
Non me ne frega un cazzo da dove viene! Mafia mafia lo andasse a dire a negronia o da dove cazzo viene.

A fascio!
Fascio a me?! Mafia mafia e fascio… mghr


L’ultimo fu un rantolo di pura rabbia. Non era quella la giornata per fare pippa. Non quella cominciata mandando affanculo il capo. Lucio strinse la mano a pungo… e il bulgaro, alla fine, non se la sentì di lasciarlo solo.

Mentre quelli del Reggae Project li caricavano di calci, il bulgaro faceva mente locale su quale fosse il pronto soccorso più vicino…

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