venerdì 1 febbraio 2008

golgotha blues.

A qualcuno capita di decidere prima il titolo del resto. È più importante, nella testa di chi fa così, il colore del fiocco del pacchetto, più che il regalo. Specialmente se il regalo non può essere altro che freddo, lucido, pesante.
Come una pistola.

«Mi scusi?», fa l’agente, con zelo gentile, perché è uno di quelli che rispettano il lavoro degli altri… almeno finché non riceve l’ordine di uccidere.
«Hm?», risponde Petra svogliato. Ed è convincente, perché non ha veramente voglia di fare questa consegna.
«Cosa c’è lì dentro?».
«Non ne ho la più pallida idea. Sa, io sarei l’omino delle consegne…».
«Ok, grazie. Vada pure.».

Petra Yavutic entra nell’hotel. Il bello del potere è che non è una cosa del tipo 1/0, c’è/non c’è, ce l’hai/non ce l’hai.
No.

Il potere ha una infinità di gradazioni. D'altronde, dice il Libro, Dio ama la meravigliosa varietà.
Chissà se amerà il tono su tono delle cervella di Kastran Karya sulle pareti giallino piscio della stanza.
Per i pezzi grossi non si muove neanche la polizia. Gli lasciano solo il lavoro di vigili urbani… così, a controllare le strade nei dintorni. Perché alla vita del capo ci pensano i suoi, quelli stretti, quelli che amano più la vita del capo della propria. E, chiaramente, il capo non va in un hotel discreto, anche se di decente categoria. Il capo va all’Hilton.
Il capo non lo ammazzi entrando nell’hotel con un pacchetto regalo dentro cui nascondi la tua Glock.
Decisamente no.

Da tutto ciò si evince che Kastran Karya non è il capo. E a voler dirla tutta, non è neanche Petra quello che ammazza il capo. Petra è quello che liquida i reggipalle, tipo questo qui.
Kastran Karya, armatore turco. Rampollo di una delle famiglie più ricche di Istanbul. Breve ma significativa carriera nell’esercito. Molti anni di militanza nel Partito Socialista Turco. Ex membro del Parlamento. Autore di un’importante riforma agraria e convinto fautore del genocidio kurdo.
Potremmo, dunque, pensare a Petra come ad una sorta di giustiziere. Sebbene al soldo di qualcosa che nessuno esiterebbe a chiamare mafia, sta nondimeno per liberare il pianeta dalla presenza di un figlio di troia patentato.

Ed arriviamo al secondo punto: a qualcuno capita di decidere che il presente cancella il passato. E che non è poi così importante che Petra si sia fatto le ossa nei campi segreti d’addestramento della C.I.A. in Kosovo. Che si sia fatto le ossa trucidando serbi così, quasi per sport, stuprando donne, divertendosi coi suoi camerati a fare il tiro al bersaglio contro i bambini che riuscivano a scappare dal “recinto”: una gabbia di contenzione, vicino al confine, nella quale si teneva prigioniera la popolazione serba catturata, in attesa di decidere se ammazzarli, torturarli a morte o farli sparire in altre fantasiose maniere.

Forse è proprio così: Petra adesso sta pareggiando i conti. La giustizia poetica lo vorrebbe ferito a morte, dopo aver portato a termine il suo compito di assassino, ma Petra non vuole morire. Ancora quattro o cinque incarichi del genere ed avrà messo da parte abbastanza denaro da potersi permettere un villone in Slovenia, con le tre P: parco, piscina e puttane.

Intanto l’ascensore è quasi arrivato al quinto piano. Non è cortese, Petra lo sa, ma ha già scartato il regalo ed avvitato il silenziatore. Sarà comunque una sorpresa, ne è certo.
Le porte non hanno nemmeno finito di aprirsi che i due gorilla di guardia alla suite stanno già viaggiando verso il Creatore, per vedere un po’ se possono cavarsela con qualche millennio di Purgatorio o se saranno eliminati dal Grande Fratello cosmico.
Un violento calcio alla porta e Petra lo trova seduto su una poltrona di pelle verde. Carina: ne vorrà una uguale nel suo villone.
Kastran neanche ci prova a muoversi. Si gioca la sua unica, ultima carta.
«Quanto?», chiede Karya.
«Abbastanza per pagarmi una trasferta permanente su Marte. Perché se non ti ammazzo non avrò un posto su questo pianeta dove stare al sicuro a godermi i tuoi soldi.».
«Un posto c’è. In Turchia. Posso darti la cittadinanza. Potere… e soldi.».


E qui arriviamo al terzo punto: a qualcuno capita di decidere che le cose della vita vanno come le cose dei film.
Purtroppo, purtroppo per Kastran Karya, non è così.