lunedì 14 maggio 2007

internet guru.

Vedi… come dire: è una questione di anima. Di stile, certo… ma anche di anima!.


Poche, pochissime cose riescono a farmi cascare le palle più di un calcio ben assestato: gli stronzetti pseudo/intellettuali sono una di queste cose. Certe volte mi chiedo se quel porcaccio di dio non ce l’abbia con me: tutti io li devo incrociare questi scarti, queste mezze tacche.


La merda in questione avrà si e no una ventina di anni, un look tra una tuta da astronauta (film serie B) e una cacata in faccia, e un odioso sorriso a settantacinque denti, tutti bianchissimi.
Per fortuna non sta parlando con me, ma con una puttanella cicciona e truccatissima. Lei lo ascolta in una sorta di estasi rapita, un coinvolgimento totale. Negli occhi brilla un messaggio decisamente esplicito:
Dopo la manfrina me lo sbatti in fregna, vero?


Ma lui non sembra prestare molta attenzione a questo possibile sviluppo della serata: suppongo che la soddisfazione di aver trovato qualcuno che gli dia spago sia maggiore del naturale bisogno di svuotare i coglioni di quando in quando. Eccolo là: non bada più alla sua sigaretta che si consu-ma nel posacenere né alla sua birra, ormai calda come il piscio, ma parla, parla e straparla di… ma di che cazzo sta parlando?


Io ho cominciato per gioco, come molti. Poi è diventata una cosa più seria. Vedi… come dire (il suo marchio di fabbrica) il passaggio da lamer a hacker comporta una seria presa di coscienza… una… una rivoluzione etica interiore. È una specie di cavalleria moderna… i nostri computer sono i cavalli e i programmi che elaboriamo il nostro armamento. Ed è per questo che il mio nome in rete è Lancelot… Lancelot, capisci? Lancillotto: il cavaliere della tavola rotonda.


Cristo! È un Internet guru!


Lei annuisce, e il suo gozzo flaccido e incipriato tremula come gelatina di pesce. Non gli stacca gli occhi di dosso e potrei giurare di aver visto monaci tibetani meno concentrati nella meditazione. La schiuma sulla birra si è ridotta ad un’esile linea biancastra, dal che deduco che la sequela di cazzate stia andando avanti da almeno un quarto d’ora. Ad un certo punto la vacca distoglie gli occhi dal suo bello per una frazione di secondo e mi osserva. Solo ora mi rendo conto che è già un bel pezzo che sto lì impalato, in piedi davanti al suo tavolo. Ora si gira anche lui e mi fissa. Velocemente mi metto a cercare nel mio repertorio di facce un’espressione adatta al caso, ma la scelta (per eccesso di fretta) cade su un misto indefinibile di stupore e idiozia: pessima esca, ma il pesce abbocca ugualmente.
Scommetto che anche te navighi, eh? Dai siedi!


Come in trance obbedisco meccanicamente. La troiona si gira verso di me con uno sguardo di odio feroce, ma a colpirmi è più che altro una zaffata nauseabonda del litro di profumo da quattro lire che quella stronza si è versata addosso per coprire la puzza di merda del suo alito.


Allora! Come va? Io sono… anzi no: visto che siamo in tema di Internet, puoi chiamarmi Lancelot e lei… beh, lei non ha ancora un nick come me. Chiamala Gina, OK? Lancelot e Gina, o Ginevra. Con chi abbiamo il piacere di parlare, messere?
Con me.
Laconico. Laconico ma interessato a quanto pare… o sei della gidieffe?
Gidichè?
Dai, gidieffe… d’improvviso la sua voce assume un tono cospiratorio … la guardia di finanza, no? Ma tu no… con quella faccia. Secondo me sei uno di quei lamer schizzati che, come dire, passano la vita alternandosi tra punk rock e PC, dico bene? Eh, dico bene?
Lamer schizzati… schizzato.


Duro da ammettere, ma sto ancora cercando il filo del suo discorso. Devo sintetizzare e organizzare. Di solito ho dei tempi di reazione migliori, ma questo rigurgito che ho davanti mi fa l’effetto di una lenta.


Amico? Non sarai mica fatto, eh? No perché, fattelo dire: quello dell’hacker in preda è un mito da letteratura cyberpunk. Roba di fantascienza, il desiderio inconscio di annullamento e via dicendo. Quella roba ti fotte, lo sai? Non dare retta a quelli che ti dicono che si naviga meglio se ti cali questo o quest’altro… tutte balle, dai retta al fratello maggiore.


Cazzo. Ci sono quasi, smetti di parlare solo per un secondo, dammi il tempo di sistemare le idee e poi ti faccio veder…
FRATELLO MAGGIORE! No, fratello maggiore NO! Non è più il tempo di sintetizzare e organiz-zare: ormai devo vomitargli in faccia tutto.


Chi, tu? Tu mio fratello maggiore? Tu, proprio tu, immonda cacata di porco. Ti fotte, ti fotte roba di fantascienza in preda alle balle… quasi quasi… calarsi… calarsi che? Ma se tu fossi stato mio fratello maggiore mi sarei impiccato non appena raggiunta l’età della ragione (se non prima). Io ho un conscio desiderio di annullare te e questa scrofa imbellettata che ti grofola intorno. Con uno scatto di reni mi tiro in piedi, ma barcollo ancora per la rabbia.


Non riesco a dire un cazzo… allora spacco il boccale in testa all’Internet guru.


Poi: il grido di lui, lei che urla, io che urlo, i buttafuori che mi buttano fuori.
Il rumore dei loro anfibi sulle mie costole, dietro ai secchioni, è una scampanata di festa domenicale che mi risveglia sul pianeta Terra.