mercoledì 20 febbraio 2008

luna...

martedì 12 febbraio 2008

sogno di una sera di mezza estate.

un racconto di Leo

È sera.

Si sta facendo tardi e Andrea deve tornare a casa. Oggi ha partecipato per la prima volta ad una manifestazione con i compagni del Centro Sociale. La giornata è stata dura, la carica della celere aveva disperso tutti quanti e lui e Leo erano riusciti a sgattaiolare in un vicolo e a tagliare per i campi. Si sentivano emozionati per com’erano andate le cose. Vertigine allo stomaco, senso di vittoria, di aver fatto qualcosa di buono…

Andrea era tra l’emozionato l’impaurito, la sua voce tradiva, quasi stillava, la voglia di avere più dei suoi quindici anni.

«Tranquillo mo te impari …», lo rassicurò Leo, cacciando dalla tasca del giacchetto le cartine.

Al primo tiro Andrea si senti soffocare e mancare il respiro, mentre Leo lo rassicurava ridendo divertito. Già al secondo la sensazione fu diversa: un senso di tranquillità, rilassatezza. I due ragazzini si guardarono e presero a ridere. Era estate, erano le dieci di sera, si erano fermati in una vigna apparentemente incolta, seduti per terra a fumare, a guardare il cielo con più stelle di quante ne avessero mai contate in vita loro, a pensare alla giornata trascorsa.

Leo mollò una scora atomica e Andrea cominciò a ridere. Tutti e due ridevano e se la spassavano di gusto. Era estate, si stava facendo tardi e i loro genitori li aspettavano a casa.

D’improvviso un fruscio, un latrato, un ringhio incessante li svegliò dal quel sogno.

«Leo, Oh Le...», la mano si posò sulla spalla dell’amico, lorda di sangue, le budella sparse sul terreno, un conato di vomito si strozzò in gola ad Andrea, poi un fetore, un puzzo di marcio e SANGUE.

Davanti a lui due occhi rossi giganteschi, una figura enorme, un lupo, ma più grande, troppo più grande. Il terrore poi il sapore del sangue, il suo.

Era una sera di mezz’estate e qualcuno cenava tardi.

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bobbe malle.

venerdì 1 febbraio 2008

l'atterraggio lunare di jim bloomfield.

Dal diario di bordo di Jim Bloomfield.

Confesso che mai, neanche nei più vividi deliri della mescalina, avrei immaginato un simile fulgore: rossa la Luna, incendiata dai raggi del Sole, fa piovere la sua polvere sui miei occhi.
Credo di aver visto.
Strali immaginifici.
Karnakholsht.







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golgotha blues.

A qualcuno capita di decidere prima il titolo del resto. È più importante, nella testa di chi fa così, il colore del fiocco del pacchetto, più che il regalo. Specialmente se il regalo non può essere altro che freddo, lucido, pesante.
Come una pistola.

«Mi scusi?», fa l’agente, con zelo gentile, perché è uno di quelli che rispettano il lavoro degli altri… almeno finché non riceve l’ordine di uccidere.
«Hm?», risponde Petra svogliato. Ed è convincente, perché non ha veramente voglia di fare questa consegna.
«Cosa c’è lì dentro?».
«Non ne ho la più pallida idea. Sa, io sarei l’omino delle consegne…».
«Ok, grazie. Vada pure.».

Petra Yavutic entra nell’hotel. Il bello del potere è che non è una cosa del tipo 1/0, c’è/non c’è, ce l’hai/non ce l’hai.
No.

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