lunedì 14 maggio 2007

il ballo dei poveri.

Ci sono certe serate talmente depressive, che ti trovi a pensare che siano frutto di un’allucinazione paranoide. Quel tipo di serata in cui tutti sono stronzi e/o ce l’hanno con te. E tu, di riflesso, li odi fino a desiderarne realmente la morte. Il lato oscuro della Luna: ecco dove cazzo sto stasera. Mi viene il fiato corto, una specie di ansia e la voglia di andarmene… ma non me ne vado. Sto tanto per stare, per non tornare troppo presto a casa, per essere l’ultimo ad andarsene… o per inerzia di merda. Alla prima battuta, scatto. Bestemmie e insulti mentre prendo la giacca e finalmente imbocco l’uscita. Venti passi contati mi separano dalla macchina, e con la mano sinistra nella tasca del cappotto già accarezzo la custodia del frontalino: voglio guidare molto piano, per sentire qualche canzone prima di arrivare a casa.


Ma per questa serata il destino ha in serbo qualcosa di veramente speciale per me: non la solita sbobba riscaldata tipo turiste zoccole ubriache che te la sbattono in faccia. No no. E come coagulato dalle ombre di un albero e di un lampione fulminato, vedo Marcellino.È fermo, ieratico, sigaretta in mano.


Che cazzo fai, ti vuoi surgelare?
No. No! NO! NOOOOOOO!!!
inizia a strillare nel parossismo, battendo i piedi velocissimo.
Con due salti gli sono addosso. Calma! Stai calmo. Che è successo? Abbassa la voce, dai. Abbassa la voce! Non strillare, porco dio, non strillare, NON STRILLAREE O TI RIEMPO LA BOCCA DI MERDA DI CANE, PORCACCIA MADONNAAA!!! Così il casino ora lo facciamo in due. Solo quando smetto di gridare mi accorgo che Marcellino mi sta guardando e sorride: c’è qualcosa che vuole dirmi, ma è qualcosa di così grosso che l’emozione gli blocca le parole in gola.


Lo prendo sottobraccio e ci facciamo quattro passi per l’Appia.
Racconta. Che c’hai?
È bellissimo… e… e non si può spiegare a parole… devi vederlo… e puoi farlo ora, proprio adesso… io l’ho scoperto per caso… è per questo che stasera non sono venuto, sai?, e inizia a deviare verso la sua macchina.


Entriamo, lui mette in moto e parte. Io faccio per accendere lo stereo, ma lui mi blocca con decisione la mano.
Eh, no! Devi avere pazienza, devi…
Pazienza di che? Di che cazzo parli? Che ti sei calato?
Lui mi sorride enigmatico.


Intanto siamo entrati in una specie di periferia dietro l’angolo, uno di quei posti a un passo da casa tua di cui probabilmente ignorerai l’esistenza per tutta la tua vita di merda. C’è una specie di collinetta, formata da terra di riporto e spazzatura, con in cima la carcassa di una Renault 4 e altra robaccia.


Ma che sei stronzo? M’hai portato dove vanno i froci a scopare, i bucatini a farsi eh? Oh porcodio, sto parlando con te. Non mi devi far incazzare hai capito? lo prendo per il giaccone e mi viene voglia di picchiarlo.
Ma nella mia foga quasi non mi sono accorto di una musica gracchiante che viene da dietro la collinetta. Musica e un vociare denso.
Marcellino mi prende per mano e mi porta in cima.


Arrivati su mi dice: Stai basso, non farti vedere. Strisciamo dentro la R4 e da là buttiamo uno sguardo di sotto.


C’è una cazzo di macchina, mi sembra una… una… una cazzo macchina insomma. Ha il motore accesso, i fari spianati, gli sportelli e il portabagagli aperto. Da dentro viene una musica da autoradio a tutto volume: This is the rhythm of the night… the night… oh yeah, the rhythm of the night. This is the rhythm of my life… my life…


È vecchia. È una canzone oscena, e per di più vecchia. Mi affaccio ancora di più. Nell’area delimitata dai fari della macchina ci stanno, strette strette, una ventina di persone tra ragazzi/e, signori/e e vecchi/e.


Ballano!!!! bisbiglia Marcellino eccitato come davanti ad una fregna che scola voglia bollente di cazzo.
Li vedi? Ballano! Guarda che miserabili uomini di sborra. Devono essere tipo albanesi-qualcosa-dell’est-o-una-cosa-del-genere, che ne dici?


Annuisco, con lo sguardo fisso su di loro. Ballano davvero… e si divertono, sorridono, battono con le mani il tempo di quella canzone di merda che qualcuno deve aver registrato a sangue su una cassetta, per farla durare.


L’ipnosi prosegue finché non è il mio Virgilio a riportarmi sul pianeta.
Hai visto dove ti ho portato? Dimmi se ne valeva la pena? Certo che valeva, cristo infame. Ma il divertimento non finisce qua. Abbi fede.


Dopo un’altra ventina di minuti la festa finisce. Un tale entra nella macchina, spegne il motore, esce, e tutti se ne vanno. Dove prima c’era la festa, il buio e la mondezza regnano di nuovo incontrastati.


Seguimi. fa Marcellino.
Scavalla la collinetta e arriva davanti alla macchina/discoteca. Vista da vicino fa un’impressione peggiore. È un catorcio senza ruote e con gli interni inesistenti. Si è salvato solo il cruscotto, e i fratelli poveri dei balletti russi devono averci lavorato un po’ per cambiare la batteria, far funzionare il motore quel tanto che basta, e montare autoradio e casse, tutto rigorosamente di infima qualità.
Mentre osservo l’impianto, con la coda dell’occhio intravedo Marcellino che fruga in un cumulo di rottami. Ne riemerge con due spranghe arrugginite, me ne lancia una e mi guarda. Capisco che stiamo per fare qualcosa degno del più infame degli infami, una cattiveria gratuita, di più: un’ingiustizia… poi meno il primo colpo, sfondando il voofer di una cassa.
Marcellino si unisce al coro, e in breve è tutto distrutto: quelli hanno finito di ballare, poco ma sicuro.


La sera dopo ritorniamo a dare un’occhiata, verso la stessa ora. Appena scesi dall’auto ecco di nuovo il vociare, il battere di mani… non è possibile!
Saliamo di nuovo la collinetta per lo spettacolo più angosciante della nostra vita.


La loro discoteca sta lì, distrutta, ma sul cofano in piedi c’è uno con due torce elettriche in mano che urla come un maiale squartato: de ritti o’ de naait ooooie, oie de ritti o mailaif, oie, oieeeee.
Si agita come un epilettico, ma dalla faccia capiamo che si sta senza dubbio divertendo. Gli altri tengono il tempo e ballano, ballano, ballano, ballano, ballano, ballano, ballano, ballano.


Io inizio a sentirmi una putrida merda per quello che ho fatto, e per non essere neanche riuscito a farlo bene, visto che questi merdosi hanno ancora il loro schifoso ballo.
Marcellino invece ha lo sguardo fisso sul “cantante”, credo che si stia chiedendo se la spranga funzioni anche su di lui…