lunedì 14 maggio 2007

incontro di notte.

È notte. Fa un po’ freddo. Sto solo, appoggiato sul muretto. Mi fumo con calma una sigaretta. Quel tizio si avvicina. Prima che apra bocca sono già convinto che sia un tossico del cazzo, barbone di merda ubriaco o una cosa del genere. Ha i capelli neri a mezza misura, jeans marroni e una schifosa giacchetta di pelle dello stesso colore. È basso.


Una sigaretta, per favore?


Voce lamentosa: già lo odio. Ho le sigarette, non voglio dargliele. Lo guardo per qualche secondo prima di rispondere, giusto per il gusto di farlo aspettare. Alla fine gli do una sigaretta. Gli passo anche l’accendino.


Mi pento subito di quello che ho fatto, perché lui si siede vicino a me, che voglio star solo. Ho già capito: adesso attacca a lamentarsi di qualche disgrazia o miseria tipo: La mia ragazza mi ha lasciato e s’è messa con un altro., e merdate del genere.


Vaffanculofigliodiputtanastronzobastardotestadicazzorottinculoebbreofrociodimerda.


Lo penso tutto d’un fiato. Ma non c’è che dire, il vero coglione sono io che gli ho dato spago.


Lui mi guarda, sospira pateticamente e sussurra:
Ah, le donne!


SI! VAI COSÌ, TESTA DI CAZZO GALATTICA! Dì stronzate, fammi incazzare, dammi una scusa per gonfiarti di botte.


Io non ho mai avuto una ragazza., mi dice il tizio.


OK. Fermi tutti. Non è la solita sequela di puttanate. L’imbecille deve stare a pezzi per confidare al primo cazzone che incontra una cosa così personale. Allora mi dico: fallo parlare, fallo aprire un po’ di più, vedi dov’è la ferita… e colpisci dritto là; il pupazzo si mette a piangere e io me ne vado a dormire più contento, oppure reagisce e io lo riempio di calci in culo fino a farglielo sanguinare e vado lo stesso a dormire più contento. Sfodero il miglior tono di voce.


Quanti anni hai ?, gli chiedo.
Diciotto.
Hai mai…
Mai cosa?
Dai scopato, chiavato, fottuto, inzuppato il biscotto. Cristo, sto già perdendo la pazienza e rischio di rovinare il gioco. Mi riprendo con una risata di plastica.


Ah…», fa lui, «Si ma… è strano. Ottimo, si sta scucendo.
In che senso strano? Sto cascando dalle nuvole meglio di un gesucristo.
I miei amici sono cattivi. M’hanno portato da una puttana per farmela scopare, giù a Roma. Sono cattivi. Io non venivo. Ero confuso e avevo paura e loro mi incitavano e mi dicevano che se non venivo ero un culattone. Ma io non ci riuscivo a venire. Volevo andarmene e anche la donna iniziava a ridere. Immagino che visto il mestiere che fa il suo unico, piccolo orgoglio sia quello di poter dire di saperci fare con gli uomini. E allora io gli devo essere sembrato proprio una merda, gli avrò fatto pena. Poi i miei amici mi hanno portato via. Volevano prendermi in giro ma io per zittirli mi sono messo a piangere e loro non hanno detto più una parola per tutto il viaggio.


Ha finito. Si aspetta un commento, forse. Chi sono questi amici cattivi? E chi cazzo sei tu? Fai talmente pena da sembrare finto. Non trovo niente di meglio da dirgli che:


Allora non hai mai scopato, dico bene?
No. Perché poi ho raccontato a mio padre quello che mi avevano fatto i miei amici cattivi. Allora lui mi ha portato da una signora di quarant’anni, sposata e con due bambini che mi ha scopato. Con lei ce l’ho fatta.


Va benissimo, stronzone. Mi hai rotto il cazzo, ti ho dato una sigaretta e mi fai così schifo che non voglio neanche umiliarti. Ora levati dalle palle. Ancora una volta, però gli dico:
Capita., cercando chissà perché di avere un tono consolatorio.


Senti, - mi fa lui - che hai la macchina? Mi puoi accompagnare al ponte sopra la stazione?


Sudo freddo. Il coglione si vuole ammazzare, sicuro. Lo voglio dissuadere, adesso lo gonfio e lo ammazzo io. Sputargli in faccia, fargli capire che non conta un cazzo, zero, niente. Poi lo accompagno. Lui monta sul muretto del ponte. È un bel salto: venti, forse trenta metri. Mi guarda e forse si aspetta che gli dica:
Fermo, ma che fai! Non puoi buttare la tua vita così!, e altre merdate del genere.


Lo guardo ancora, gli faccio un cenno con la testa. Questo testa di cazzo ha proprio sbagliato persona oggi. Prende il fiato e salta. Un gran volo, non c'è che dire. Mi accendo un'altra sigaretta e me ne vado.